Bus station

dal 27 al 29 maggio 1980
Prima rappresentazione

di Flavio Pedrotti

Produzione Teatro Out Off

«Un’azione teatrale in uno spazio pubblico, esterno o interno, comunque riservato all’attesa, attesa come incollamento fisico ed attesa come pausa mentale forzata, azione poetico-visiva ».

– Dalla presentazione dello spettacolo


«Flavio Pedrotti viene da Trento ed agisce a Milano e fa parte di quel nucleo di ricerca che muovendo dal duo Dal Bosco-Varesco e discendendo sino a Stringari, costituisce un momento particolare e felice della ricerca ultima: il loro lavoro mescolando agilmente poesia, cinema, immagini, movimento, suono, su una contrapposizione e su un riscontro di miti quotidiani. (…) Pedrotti già in precedenti operazioni aveva dato saggi di trasformazione di scrittura poetica, collocandosi su modelli effimeri non soltanto di moda ma di sport, o filtrando pratiche quotidiane ed immaginarie attraverso cedesti modelli; ed allora il divertimento del cut-up burroughiano nelle mani e nella mente di Pedrotti passa su una necroscopia della vita di tutti i giorni e su una esaltazione dei processi interni del comportamento “basso”. (…) Non è colpa di Pedrotti se la contemporaneità è consegnata ad elementi di falsità dal momento che l’autentico è assolutamente inafferrabile e improponibile»

– Giuseppe Bartolucci<


«Di fianco una diapositiva di James Caan in Rollerball; di fronte l’immagine di Cadillac e Buick parcheggiate al sole contro una bianca e bassa casa di una deserta cittadina del New Mexico, al centro un grosso contenitore di Coca-cola. Sulle note di Philip Glass (Music in twelve parts. Part one) partono spezzoni a rallentatore del film Who! e entra in scena un giocatore di baseball: berretto rosso occhialini neri, maglia giallo-verde del Michigan n. 43. Si sposta davanti alla coca e, masticando nervosamente il chewingum, passa continuamente la palla da una mano all’altra. (…) “Bus station. (Omaggio a Kienholz) è la trasformazione visiva di una mia poesia”, dice Pedrotti, “è l’America vista non come modello ma come piano di studio”»

– Enrico Parodi da “la Repubblica”, 29 maggio 1980.



«Nella performance di Pedrotti, il contrasto con il vuoto che si crea nell’istante in cui il fotogramma del film si blocca sull’azione teatrale, è all’insegna dell’iperrealismo. La divisa da baseball completa di visiera e tergisudore è ricostruita meticolosamente e colorata all’eccesso, con il giusto cattivo gusto, luccicante e pop; come pure il gesto, sempre uguale, quasi quello di un manichino insieme ironico e banale».

– Oliviero Ponte di Pino da “il manifesto”, 31 maggio 1980