Sussurri o Grida – III edizione

Movimenti nel nuovo teatro italiano

dal 20 al 30 maggio 1986
Prima rappresentazione Milano, Teatro Smeraldo

Programma:

20 e 21 maggio
Santa Sofia
Teatro khmer di Società Raffaello Sanzio

23 e 24 maggio
Notturni diamanti
della Compagnia Solari-Vanzi

26 e 27 maggio
… Nelle acque
di Enzo Cosimi

29 e 30 maggio
Pirandello: chi?

della Compagnia La Maschera di Perlini-Aglioti


« Non entrerai nella chiesa di Santa Sofia in Costantinopoli senza rivoluzione. Scansati, abitudinario del teatro, qui non ci sono immagini per te. Non ci sono cose da vedere per essere commentate dal punto di vista estetico. Scansati, faccia del mondo, qui non si dicono cose biografiche tradizionali. Vieni, tu che vuoi combattere il fatto di essere nato, il fatto di trovarti qui, e il fatto di usare questi strumenti di qui. Questo è il teatro che rifiuta la rappresentazione. Questo è il teatro della nuova religione, perciò vieni solo tu che desideri essere seguace delle colonne dell’irreale. Il reale lo conosciamo, e ci ha delusi fin dall’età di anni quattro. Forse che non è cosi anche per te? (…) Questo è il teatro khmer, lo diciamo chiaro e tondo: qui si tratta di fare piazza pulita del mondo intero. Questo è il teatro iconoclasta: si tratta di abbattere ogni immagine per aderire alla sola fondamentale realtà: l’irreale anti-cosmico, tutto l’insieme delle cose non pensate ».

Società Raffaello Sanzio


« Teatro khmer per Società Raffaello Sanzio significa azzeramento di ogni convenzione: non a caso nel loro ultimo lavoro, Santa Sofia, la radicalità distruttrice di Pol Pot si incontra con l’iconoclastia di Leone III l’Isaurico,ricomparso Imperatore di Bisanzio, mentre si celebra un gemellaggio tra le rispettive rivoluzioni culturali, ma il tutto a suon di parabole, metafore e paradossi, com’è nel miglior stile del gruppo tornato in gran forma. (…) Santa Sofia si svolge quindi tra l’incenso come un rito liturgico, ritmato da slogan martellanti, con iniziazioni, adorazioni e sacrifici, su sfondi di nenie islamiche o messe beat, mentre due monaci a torso nudo con gonnella e fiorami ballano col mitra un’orgiastica danza. A scandire la litania del microfono è un Pol Pot catalettico, sdraiato su un tettino da campo sotto la fleboclisi, nel quale si reincarna Chiara Guidi con geniale furia trasformista. (…) La grande forza dell’insolita proposta nasce proprio dalla capacità di sviluppare un linguaggio e una fascinazione, avanzando per colpi allo stomaco, amministrando uno humor che i membri del gruppo non riconoscono, data la serietà totale con cui si assumono. Del resto, la verità del loro manifestarsi sulla scena, al di là delle finzioni, non è che una conseguenza e una continuazione del loro rappresentarsi nella vita ».

Franco Quadri da “Panorama”, 29 giugno 1986


« Ma cos’è questa città assediata? È un corpo che si scopre caldo, dentro, che scopre di avere un interno caldo dove gli organi non sono distinti gli uni dagli altri. Un corpo che sente la pressione sulle sue pareti, e la pressione aumenta, ci si accorge che l’anima ha un peso, che pesa su se stessa, e questo non può che essere doloroso. E la pressione aumenta e affiorando fuori si è in grado di riconoscere che ciò che preme potrebbe essere anche un bene (come una forza multinazionale di pace…). (…) Si è tentati di tradire a volte… Perché la città è in subbuglio e in lotta. Si combatte porta a porta, i cecchini tirano dalle finestre. Ognuno combatte la sua guerra privata, la propria guerra santa. Sono pazzi gli abitanti, pazzi dei loro amori ubriachi di manie e vizi, sono caldi, “vivi”.

Compagnia Solari- Vanzi La Gaia Scienza


« Una metafora è al centro dello spettacolo che si svolge dentro a una città assediata, continuamente minacciata da un esercito che vuole riportarla all’ordine. (…) Un ladro, un assassino, una donna-pavone, una mistica, un uomo bruciato dalla passione, sono poi gli abitanti, personaggi eccessivi, “sporchi”, ma, a loro modo, ricchi di una qualche umanità. Dalle radio accese arriva loro un dialogo tra due antichi amanti e arrivano anche notizie dall’esterno. Poi, per un’emergenza improvvisa, tutto si tace lasciando un vuoto di parole e agli abitanti non resterà che riusare come linguaggio la memoria del dialogo a cui hanno assistito. Sulla scena di una città che sprofonda a poco a poco, Notturni diamanti racconta insomma una situazione esistenziale e mentale da dopo catastrofe con anche alcuni riferimenti alla cultura mediterranea nelle sovrapposizioni musicali come nei costumi ».

Mario Sculatti da “l’Unità”, 23 maggio 1986


« La prima idea da cui sono partito è una certa idea di formalizzare, congelare ogni cosa: l’emozione, il gesto, il movimento. (…) La particolarità del risultato è un’astrazione non pura, non formale, ma che evoca una sensazione drammatica ».

– Enzo Cosimi

«La coreografia di Enzo Cosimi segna una bella svolta nel cammino della nostra danza più giovane. Cosimi si era affermato quattro anni fa con una proterva carica espressiva, con una gestualità irritata, eppure già desiderosa di sfruttare le invenzioni della danza pura (…). Tutti i suoi ingredienti, dal candore alla perversione si ripescano in questo… Nelle acque. Ma qui il viaggio è soprattutto interiore. L’autore lo spiega subito all’inizio in un prologo spirituale di danza asciutta, concentrata. Il resto, tutto bianco, dosa esilaranti vignette quotidiane e disegni decorativi, dentro un liquido solo immaginato ma che comunque attenua per davvero i contrasti, smorza le energie di tutti i bravi interpreti ».

– Marinella Guatterini da “l’Europeo”, 31 maggio 1986


« Cos’è cambiato dal ’73? Prima di tutto avevamo molto più pubblico, nessun problema di botteghino. E poi c’era una grande tensione, una spinta a fare che nel frattempo si è persa. Eravamo dei provinciali inurbati, un po’ rozzi ma altamente motivati. Ripellino scrisse che finalmente Pirandello era stato preso da un verso inaspettato. Si notò che non era il solito Pirandello implacabile ragionatore, filato, logico, ma spinto su un versante tenebroso di follia. E poi, così centrato tutto sull’immagine e la musica, rappresentò una pietra miliare, la nascita della scuola del Teatro Immagine. Oggi può viaggiare, penso, per conto suo, senza tanti scandali, ma anche senza tanti fraintendimenti ».

– Memé Perlini


«L’inizio è folgorante. I “sei personaggi” (forse) che sfilano in un riquadro di luce, ieratici, lentissimi. Chi è il Padre, chi è la Figliastra, chi è Madama Pace? Non importa. (…) Un personaggio che è forse un doppio di Pirandello dondola su un’altalena e dice dell’ossessione di tutte quelle ombre che lo vengono a provocare perché egli dia loro la vita. Altre battute sparse echeggiano qua e là, ma ciò che conta è l’alchimia delle immagini, nel soffio continuo della colonna sonora, di poche note ossessive. (…) Certo, in questo spettacolo quasi privo di parole, di Pirandello viene trascurata l’alta ossessione raziocinante, la dialettica puntigliosa, il grido. Ma ne è resa l’emozione oscura, quel tanto di irrazionale e allucinato che è nel suo messaggio, il fuoco segreto e un po’ stregonesco. È reso con il linguaggio estatico delle immagini che vengono realizzate con semplicità di mezzi, qualche spot, qualche trucco di veli neri, qualche iterazione non ancora arrivata al gusto manieristico delle “performance” ideate poi dagli imitatori».

Roberto De Monticelli da “Corriere della sera”, 31 maggio 1986