Sex poetry

Il sesso della poesia, la poesia del sesso

Dal 9 gennaio al 15 marzo 1979

Programma:

dal 9 all’11 gennaio
Lui è Lui
di Alberto Moraviadal 16 al 18 gennaio
Elogio del cannibalismo
di Antonio Portadal 23 al 26 gennaio
Sentiere Selvagge in panavision
di K.T.T.M.C.C. Kollettivo Teatrale
Trousses Merletti Cappuccini Cappellieredal 30 gennaio al 1 febbraio
Uccellino meschino
di Giancarlo Majorinodal 13 al 15 febbraio
Come se sillaba nuovo
di Michelangelo Coviellodal 20 al 22 febbraio
II giardino dei fiori di malva
di Paolo Prestigiacomodal 20 al 22 febbraio
La clandestina
di Gabriella Sicadal 27 febbraio al 1 marzo
Kracatoa
di Mario Mielidal 6 al 8 marzo
Orfeo: favola in musica
di A. Striggio e C. Monteverdi
adattamento di Valerio Magrelli8 e 9 marzo
Se le parole hanno un sesso
di Luca Archibugi



dal 13 al 15 marzo
Le avventure della Signorina Richmond
di Nanni Balestrini
con la partecipazione di Adsona, G. Barucchello, P. Bessegato, V. Falcinelli, C. Ferrario, Ivan, V. Magli, S. Piccardi, D. Stratos, C. Toschi, F. Archibugi, D. Piperno, Patrice e André

«Tre concetti su cui scrivere qualcosa: poesia, teatro, lettura di poesia. La definizione è quella che storicamente vuole la loro essenza nei generi letterari; non è possibile passare da un genere all’altro senza perdere specificità. La poesia è linguaggio, parola scritta: la carta è il suo posto. La lettura di poesia, tradimento nutriente alla stessa, cerca di varcare la soglia del suono. (…) La lettura nei casi più volenterosi, cerca di reinventare la poesia, di riproporre all’orecchio il tragitto della penna. Ecco allora che la lettura di poesia si propone come traduzione, a meno che essa non voglia esporsi come azione, gesto poetico. Può diventare magia della presenza, essa stessa poesia; l’atto stesso di leggere cela intenzionalità, l’orizzonte poetico al di là di qualsiasi rapporto con il testo scritto. In altre parole si tratta di scrivere apposta per leggere non come al solito. (…) La poesia da sola non fa teatro, non lo può fare senza trasformarsi trasformando il teatro. Ecco perché la lettura di poesia, essa, così com’è stata qui definita è già sorta di teatro, o quanto meno spettacolo, esibizione e performance ».

– Michelangelo Coviello


«Rico, un regista intellettuale di 35 anni, ha un grosso problema: un “lui” insieme ingombrante e
agitatissimo, che lo trascina di continuo in situazioni imbarazzanti, e che per di più parla. Con questo lui, un grosso pene in gommapiuma lungo 50 centimetri, sfumato dal rosa al rosso, Rico si presenta in scena e sempre insieme a lui si sdraia sul lettino di Vladimiro, un amico psicanalista e comincia a raccontare. Di lui, delle sue intemperanze, e delle figure che gli fa fare con le donne fino a ricordare una specie di incesto in cui lui lo trascinò, quando aveva quindici anni. Alla fine, dopo un balletto a suon di valzer con Vladimiro, che per l’occasione si è travestito da donna, a simboleggiare la madre e in generale la donna, Rico se ne va. E lo psicanalista, tolta la parrucca, si siede al suo tavolo di lavoro e scrive in una scheda il vero nome di Rico, Alberto Pincherle, detto Moravia. (…) “Il sesso è di moda, è vero, ma se se ne parla molto è sempre per negarlo: noi vorremmo scoprire il modo giusto per parlarne — dice Miriam Leone — il corpo non è solo da guardare secondo l’ideologia che va per la maggiore oggi. Quando emerge il corpo come linguaggio si può scoprire che è forse più piacevole ascoltarlo che guardarlo”. Incalza Coviello “D’altra parte ricordiamoci che almeno per 8-10 ore al giorno noi parliamo, che tutto il corteggiamento, cioè i quattro quinti dell’amore, si fanno con le parole, che in amore tutto, fino alla fine, è parola, tranne l’orgasmo, che però quasi mai riesce bene”».

– Maria Luisa Agnese da “Panorama “, 23 gennaio 1979


«”Sai di… mmm… salata…” sussurra lenta la voce di Demetrio Stratos, rievocando il sesso dall’oltretomba. Seguono altre 98 parole che iniziano per “s”, in rigoroso ordine alfabetico. Sul palco, in calzamaglia bianca e ali d’oro, Valeria Magli improvvisa figurazioni statiche scandite dalle luci. “Sai di… mmm…” riprende Stratos più pressante (la Magli butta le ali, si ficca una bombetta in testa e afferra una palla nera). Così per 5 volte per un totale di 500 parole: via la bombetta e la palla, è ora dell’ombrello, poi del camicione, e perché no, della rosa dal lungo stelo. Il ritmo incalza, le luci impazzano, voci, vocine, vocione…».

– Enrico Bonerandi da “la Repubblica”, 15 marzo 1979