Produzione Teatro Out Off

PICCOLO DIAVOLO

dal 12 gennaio  al  14 febbraio 2021 | Prima nazionale
spettacolo sospeso in base al Dpcm emergenza Covid

di Caryl Churchill

traduzione Paola Bono
con: Susanna Acchiardi, Giuseppe Attanasio, Roberto Trifirò, Debora Zuin

regia di Lorenzo Loris
consulenza artistica Maggie Rose
video Davide Pinardi
scena Daniela Gardinazzi
costumi Nicoletta Ceccolini

spettacolo inserito nel Palinsesto del Comune di Milano “I talenti delle donne” e nell’abbonamento Invito a Teatro


Dot e Jimmy sono due cugini sessantenni di quella classe che una volta si chiamava operaia.
Nell’ultima parte della vita sono stati segnati dalla povertà e dalla cattiva salute.
Nonostante tutto vivono in un’ armonia litigiosa, la cui tranquilla esistenza è governata da un oscuro segreto. Jimmy è un depresso ma trova conforto nella corsa e racconta storie ascoltate per caso nei bar che riecheggiano, Amleto, Re Lear, Edipo Re. Dot è invece inferma e sembra, solo all’ apparenza, una zia accogliente e libertaria, ma spesso si rivela dedita a improvvise furie omicide e inaspettati ricordi di sesso. I due cugini vivono una relazione co-dipendente e invitano la loro giovane nipote, diventata orfana, ad abitare con loro. Qui Niamh incontra Rob, un trentenne ex tossicodipendente che bivacca nel cimitero locale, a cui Dot qualche volta concede una carità pelosa. I due giovani sradicati cominciano a frequentarsi e, del tutto inaspettatamente, iniziano una relazione non condivisa dagli anziani. A questo punto i due attempati parenti si rivolgono alla magia e svelano di custodire, intrappolato in una bottiglia, un piccolo diavolo, che sognano di liberare per condizionare negativamente la relazione dei ragazzi.

Il testo sembra suggerire il potere delle cose che teniamo imbottigliate (desiderio, violenza, desiderio di compagnia) ma esprime anche una nota di speranza nella possibilità di relazioni anche in circostanze improbabili. La vicenda si svolge in un futuro costellato da magici presentimenti, dove due generazioni contrapposte si sforzano di trovare un contatto nonostante l’ incerta condizione sociale che li circonda. Sono persone che apparentemente ci assomigliano, normalmente ben intenzionate ma che in un batter d’occhio si trasformano, e finiscono per rivoltarsi contro gli estranei e temere tutto.


Caryl Churchill è considerata oggi la più autorevole drammaturga di lingua inglese.
Leggendo e analizzando i suoi testi teatrali, per individuare un nucleo attorno a cui far ruotare la sua opera, che camaleonticamente si trasforma ad ogni appuntamento teatrale, si finisce per afferrare qualcosa di fondamentale che non è così esplicito ed evidente ad una prima lettura.
Dalle sue dichiarazioni emerge in modo evidente che all’immaginazione non dobbiamo porre dei limiti, “possiamo andare cauti nelle affermazioni filosofiche e scientifiche ma non dobbiamo sentire, visualizzare e immaginare con cautela.”

Con i suoi originali esperimenti, si è sempre riproposta con grande vitalità innovativa mantenendo una tensione civile e politica che ha illuminato profeticamente le questioni più dure del presente.
Ogni volta la Churchill mette in atto la sfida di pensare e creare un linguaggio nuovo,
per un teatro capace di attraversare la realtà, spingendosi avanti, ancora più avanti, nei territori della trasgressione, un teatro che sia insieme politico e poetico.

Per la sua naturale propensione alla sperimentazione ci sembra importante approfondire la conoscenza dell’ opera di questa singolare autrice che è stata la prima donna a ricoprire il ruolo di drammaturga stabile nel 1974/75 al Royal Court Theatre di Londra.
Il suo lavoro drammaturgico di circa cinquant’anni di attività rappresenta un baluardo costante per le rivendicazioni femminili e, più in generale, costituisce la salvaguardia di coloro che vengono oppressi dalle ingiustizie sociali.
La sua ultima opera IMP, (piccolo diavolo) scritta nel 2019, qualche mese prima del lockdown che ha condizionato la nostra vita più recente, sembra contenere i disorientamenti che la nostra società ha provato e continua ad avvertire di fronte ad un futuro con molte incognite che l’esperienza della pandemia ci sta prospettando.
La vicenda si svolge in un microcosmo familiare molto atipico, senza radici e punti di riferimento, mescolando il divertente al macabro.


Nen Assebak (posacenere)  Jan Fabre