foto Moon di Andrea Torres Balaguer

spettacolo sospeso in base al Dpcm emergenza Covid

Produzione Teatro Out Off Milano
parte del progetto “Milanesi eccellenti”

Le serve

di Jean Genet
traduzione Franco Quadri
regia Andrea Piazza
interpreti Giulia Amato, Monica Bonomi, Maria Canal
dramaturg Ciro Ciancio
scene e costumi Andrea Piazza
luci Luigi Chiaromonte
assistente alle luci Ciro Ciancio
musiche originali degli allievi del corso di Alessandro Ponti dell’Istituto di Ricerca Musicale IRMus della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado:

Davide Bertolotti, Jacopo Biffi, Piermario Caporaso, Andrea Cotroneo, Grasiela Dantas, Filippo Ferrari, Luca Fraula, Gabriele Gramaglia, Edoardo Grittini, Giorgio Labagnara, Cristian Labelli, Pierpaolo Palazzo, Alessandro Papaianni, Pietro Rodeghiero, Luigi Suardi.

spettacolo inserito nel Palinsesto del Comune di Milano “I talenti delle donne

e nell’abbonamento Invito a Teatro

Le serve, ovvero della difficoltà di vivere la libertà.

Claire e Solange sono due cameriere modello al servizio di una ricca Madame, ma ogni volta che la donna esce di casa le due ragazze iniziano a giocare alla serva e alla padrona. Questo rituale quotidiano, consumato tra i vestiti e i gioielli di Madame, è scandito dal ticchettio di una sveglia: prima che l’orologio suoni (e che la donna rientri in casa) chi fa la serva deve riuscire ad uccidere la padrona. Un giorno, però, il gioco non si interrompe e inizia a sovrapporsi alla realtà.

Tre donne in scena. Due di loro sono le serve, non tanto perché fanno le cameriere a servizio di altri, ma perché loro stesse non riescono a non esserlo; vorrebbero una padrona con il pugno di ferro, sadica e dispotica, contro cui ribellarsi, ma questa padrona non c’è, ci sono solo loro. La terza donna dovrebbe a questo punto essere la padrona, ma è davvero padrona della propria vita spesa al seguito del marito, in un ruolo preconfezionato assegnatole dalla società? Tre persone, prigioniere dei limiti che esse stesse hanno contribuito a creare.

Ispirato a un fatto di cronaca che negli anni ’30 sconvolse la Francia, quando una ricca signora venne atrocemente uccisa con la figlia dalle due domestiche di casa, la spietata e viscerale favola nera di Jean Genet, nella viva e precisa traduzione di Franco Quadri, ci parla con una forza senza pari in questo periodo che ha visto tutti noi sacrificare parte della propria libertà per il bene comune e che vede ora i membri più deboli ed esposti della società, soprattutto i giovani, guardare in un futuro pieno di incertezze. Nel mondo che assiste all’esplosione del Black Lives Matter, al quotidiano affermarsi dei deboli sui forti, all’imposizione di ruoli sociali e di genere e delle categorizzazioni di etnia, sessualità e censo, la domanda che ci dovremmo porre non è più come fare per spezzare le catene ma se abbiamo il coraggio di superarle.

I tre personaggi di Genet sono animali cresciuti in cattività che aspettano tremanti davanti alla porta aperta, sono gli esseri accecati e terrorizzati dal sole all’uscita dalla caverna platonica: in scena assistiamo alla radicale e dolorosa impossibilità di uscire dai limiti che la società ha imposto loro e che essi stesse fanno di tutto per consolidare. Un’impossibilità che sconfina in una tragica e forse inevitabile autodistruzione.
Per citare Janis Joplin, “It’s hard to be free”: in quanti modi ci neghiamo la possibilità di vivere la libertà?

– Andrea Piazza


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