Spettacolo annullato

L’idiota

Produzione Teatro Out Off in collaborazione con i Demoni
parte del progetto “Maestri”

da Fëdor Dostoevskij

Il lungo addio, crudeltà e bellezza a lume di candela

drammaturgia di Alberto Oliva e Mino Manni
con Mino Manni, Giuseppe Attanasio, Emilia Scarpati Fanetti
scene Francesca Ghedini
costumi Marta Ossoli
disegno luci Alessandro Tinelli
assistente alla regia Francesco Colombi
regia di Alberto Oliva

«È meglio essere infelici, ma sapere,
piuttosto che vivere felici in una sciocca incoscienza.
È così difficile conoscere la bellezza; la bellezza è un enigma».

Partendo dalle ultime pagine dell’Idiota, Alberto Oliva e Mino Manni immaginano un incontro tra i due protagonisti dopo la fine del testo scritto da Dostoevskij, una resa dei conti finale che ripercorre le pagine più salienti e va anche oltre. I Demoni portano così avanti la loro esplorazione del grande autore russo in chiave di universale e crudele riflessione sulle conseguenze della Bellezza sull’animo umano. Senza pietà, ma con infinita compassione, come insegna Dostoevskij nei suoi romanzi, in cui non giudica mai i suoi personaggi, ma lascia che ne emerga il lato oscuro in tutto il suo fascino.

Non occorre avere letto il romanzo per lasciarsi travolgere dalla forza espressiva del dialogo serrato e poetico che porta le due anime a confrontarsi sulla bellezza, sull’arte, sulla religione e sul senso della vita. Il principe Myskin incontra Rogozin a casa sua, dove va a trovarlo per avere notizie della bellissima Nastasja Filippovna, di cui è perdutamente innamorato.

A lume di candela, come in un rituale ad alta tensione, con la fioca luce di una pallida luna che filtra dalla finestra, i due amici si confrontano, litigano, finché comincia a trapelare un angosciante sospetto sul destino di Nastasja Filippovna, presente nella sua assenza. Il colpo di scena finale mette fine a un’atmosfera di suspance abilmente costruita dall’autore per tenere il pubblico in sospeso fino all’ultimo, quando si scopre la tragica verità e Myskin può vedere il corpo di Nastasja, senza vita, nella stanza accanto.

L’angelico ed etereo principe Myskin, che sembra non essere mai scalfito dai colpi della vita, si confronta in un duello fisico e verbale con il maledetto Rogozin, tormentato e incapace di resistere alle tentazioni della vita, sempre sull’orlo del precipizio.
Dostoevskij mette a tema il grande conflitto tra apollineo e dionisiaco, pulsioni estreme che sono presenti in ciascuno di noi, tra l’aspetto che mostriamo e accettiamo di noi stessi e il lato oscuro di cui ci vergogniamo e che cerchiamo di nascondere, ma che appare misterioso e pericoloso agli occhi di chi ci guarda dall’esterno.
Lavorare su questo materiale è l’occasione per intraprendere un percorso di approfondimento sull’Idiota, attraverso un punto di vista inedito e originale, di forte suggestione emotiva e letteraria.


Gli attori si muovono in una scena semplice ma efficace, fatta di cornici e quadri che incombono su di loro, con vani da cui entrano luci taglienti e specchi che riflettono immagini distorte, portando l’immagine di un esterno che li sovrasta e li chiude all’interno di una cantina buia e umida, in cui si consuma il duello all’ultimo respiro tra i due innamorati di Nastasja Filippovna.
Lei è una presenza fondamentale, tanto più forte in virtù della sua assenza, che condiziona ogni parola dei due uomini, come vera protagonista nascosta dello spettacolo, che solo ogni tanto appare, lasciando l’illusione che sia stato solo un sogno.


IL PERCHÈ DELLA SCELTA NEL PERCORSO DELLA COMPAGNIA I DEMONI
La capacità di innamorarsi del proprio destino, accettandone tutti i colpi e vivendo al massimo tutte le esperienze senza mai giudicare o essere giudicati nel bene o nel male: è questo uno dei principali obiettivi del nostro modo di intendere il teatro.
E questo è il senso dell’opera di Fedor Dostoevskij, capace di interpretare le anime umane come nessun altro prima e dopo di lui, grazie all’assenza di giudizio, e quindi a una comprensione universale di ampio respiro.
Chi lo ha letto o, meglio, chi lo ha incontrato sulla propria strada, non riesce più a separarsene. Oggi va di moda un teatro in cui i testi si scrivono sulla scena o addirittura non si scrivono proprio. Questo ha allontanato i classici dal palcoscenico e dai gusti di certa intellighenzia influente nell’ambiente teatrale. Ma noi non demordiamo, convinti che la Bellezza e l’altezza di queste opere siano il veicolo più importante e forte per comunicare.


Dice di Dostoevskij un suo biografo illuminato, Stefan Zweig:

«La vita gli fa male perché lo ama e lui la ama perché essa lo afferra così duramente, poiché nella sofferenza lui, il sommo sapiente, riconosce la massima possibilità del sentimento. […] Più langue il suo corpo e più s’infiamma la sua fede; più soffre come uomo e più riconosce, beato, il senso e la necessità della sofferenza. L’amor fati fa sì che lui consideri come avversità ogni pienezza, ogni disgrazia come felicità. […] Tanto sapeva trasformare in bene ogni tribolazione, tanto cambiare in valori tutte le umiliazioni, che solo la sorte più dura si adeguava a lui, perché appunto nei pericoli esteriori della sua esistenza trovava le più profonde certezze interiori. I suoi tormenti si cambiano in guadagno; suoi vizi accrescono le sue capacità; le sue stasi gli danno nuovo vigore».


Con questo spettacolo L’Associazione I Demoni, fondata da Alberto Oliva e Mino Manni, prosegue il suo approfondimento su Fedor Dostoevskij, che l’ha vista realizzare negli scorsi anni cinque spettacoli tratti da questo autore: La Confessione, Ivan e il diavolo, Il Giocatore, Il Topo del sottosuolo e Delitto e castigo. In occasione di quest’ultimo lavoro, la compagnia ha pubblicato il libro Prospettiva Dostoevskij (Cue Press) che raccoglie i cinque adattamenti che precedono questo nuovo capitolo.