Famiglia Horror

14 dicembre 1981
Prima rappresentazione Milano, Teatro Carcano

di Antonio Syxty

con Nadia Mariani, Valentina Pederzini, Hilary Clark, Monica Codena e Olivia Gozzano
nell’edizione londinese Francesca Antonini Silvana Barbarini Mariolina Maconio
Soggetto e dialoghi Antonio Syxty
Coreografia Joseph Fontano
Scenografie Alessandro Mendini, Bruno Gregori, Studio Alchimia
Musiche originali Franco Battiato e Giusto Pio
Abiti  Mariuccia Mandelli per KRIZIA
Foto Occhiomagico
Trucco Paolo Draghi
Movimenti di scena Luisa Gay
Luci  Arturo Reboldi
Assistente alla regia Gabriella Licata
Voci registrate di Rosetta Salata, Laura Rizzoli, Maria Teresa Letizia, Leda Celani, Silvana Fantini, della cooperativa A.D.C, di Milano
Produzione Teatro Out Off


« Battiato: Ti piacciono?
Syxty: Molto.
B. Ho pensato che doveva venire fuori un buon lavoro.
S. Come hai svolto i temi musicali?
B. Ho realizzato tre modelli. Il primo tema è concepito sulla musicalità dei war game machines, si tratta di tre fasi elettroniche che si completano con delle pause che si potrebbero definire di genere drammatico, nel senso che ipotizzano uno stato d’angoscia, di suspence. Queste pause sono elettronicamente tutte uguali, fino a quando non subentra una fase armonica che ribalta completamente questa struttura. (…)
Syxty: Una mia impressione è che tu, con i tuoi mobili e i tuoi ambienti, appartenga al futuro in qualche modo più di altri.

Mendini: Non vorrei essere presuntuoso, ma spero proprio di appartenervi, nel senso che l’artificiosità dei miei oggetti tende ad un’alta espressività di carattere psicologico o onirico. Infatti una certa dilatazione storta degli oggetti appartiene a stati di allucinazione. Così l’ipotesi che formulo è quella di un mondo molto psicologizzato. Il mio tentativo è quello di distruzione e fuga di quello che faccio.
S. Non ti serve conservare nulla?
M. No, infatti faccio spesso cose che brucio. Ho fatto dei veri e propri roghi di oggetti e mobili. (…)

Dal programma di sala


« Ciascun oggetto, per la sua capziosa o insinuante ambiguità semantica, e l’accostamento, tra loro, di tutti gli ambienti potenziali sembrerebbe rinviare ad una specie avanzata del surrealismo. Invece, a guardare bene, si tratta d’altro. Qualcosa di assai più morbido e tollerante (nel postmoderno non convivono forse tutti gli stili, non è, esso, un’utopia in atto?)… E si tratta della stessa morbidità complessiva in cui consiste il messaggio di Syxty, oserei dire la sua provocatoria “visione del mondo”. La cellula germinale di Syxty è la sartoria di lusso ».

Franco Cordelli da “Paese Sera “, 15 marzo 1982