Esposizione – Fotografie – Testi – Oggetti

10 giugno 1978
Prima rappresentazione 

di Heinz Cibulka

L’antropologia culturale ci ha fornito gli strumenti necessari alla conoscenza dell’uomo al di là del singolo aspetto scientifico; la ricerca estetica può darci, attraverso nuovi modelli, la trama e l’ordito del tessuto vitale nel coinvolgimento primario e non alterato tra uomo e natura. Gran parte del lavoro e delle “performance” dell’austriaco Cibulka, sono la diretta espressione di un recupero a livello tattile, sonoro, olfattivo e perché no? gustativo, oltre che visivo, dei materiali e delle tradizioni contadine della sua terra d’origine.

– Roberto Daolio dal catalogo della “Settimana Internazionale della performance”, Bologna 1977



In piccole scatole di legno sono raccolti semi, chicchi di grano, noci, foglie secche, terriccio. Due lenzuoli appesi alle pareti sono macchiati di verde e rosso, erba e sangue d’animale. Un centinaio di fotografie a colori scorciano momenti di vita contadina, di lavoro e di festa, per esempio la raccolta del fieno, la cerimonia religiosa, la tavola imbandita. Altre fotografie mostrano paesaggi imbiancati dalla neve, cieli nuvolosi, pozze d’acqua. Immagini e oggetti di Heinz Cibulka, trentacinquenne austriaco legato all’azionismo viennese. Cibulka è un operatore duttile che dalla riproduzione fotografica svaria alla collezione di elementi bruti. Arriva all’azione diretta a contatto col pubblico nelle sue performances, quando dispone cesti di vimini colmi di frutta, erba, fiori, terra, e mescola insieme questi materiali con un sottofondo di pianti di bambini e di grugniti. È chiara l’ossessione di Cibulka: proporre ogni volta e con tecniche differenti i riti e i miti di una società agricola non ancora contaminata dalla “civiltà”. Nella sua testimonianza si mescolano l’idillio romantico, il messaggio ecologico, la dura lotta per la sopravvivenza, i gesti dettati dalla necessità ma non per questo meno crudeli: per esempio, l’immagine ritornante del maiale sgozzato, di una violenza inquietante e al di là della natura.

– Roberto Agostini da “la Repubblica”, 14 giugno 1978