Das Orgien Mysterien Theater

Azione N.56

il 30 novembre 1976

con la collaborazione dell’Orgien Mysterien Theater degli studenti di musica del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano diretti da Hermann Nitsch

“II teatro ha bisogno delle crudeltà, effetti drammatici notevoli che colpiscono lo spettatore fino in fondo alla sua organizzazione psicofisica, lo scioccano e lo confrontano con una vitalità che lo supera ed è definibile solo metafisicamente. Il teatro ha bisogno di sfogo sado-masochistico. Sfogo e crudeltà si mostrano come l’essenza del teatro di tutti i tempi. […] Siamo immersi nell’ebbrezza selvaggia e dolce degli impulsi che si vogliono liberare. L’azionista, gli attori e gli spettatori sentono la liberazione, la smisuratezza, credono di avere il permesso di uccidere; per un attimo brevissimo sono una betia senza responsabilità e possono godere la loro voglia di ammazzare, sentono la voluttà dell’omicidio. (…) Nonostante tutta la pericolosità di un così ottenuto sollevamento, lo sfogo ebbro nel teatro viene domato, si svolge nell’ambito di regole del gioco, ordini di gioco, è reso sicuro e viene reso visibile e conscio come fenomeno estetico. Come già accennato, tutte le mie azioni si svolgono realmente, ma il loro collegamento dei sensi sta nella forma, nel trovare nuovi valori estetici. Nulla succede per la comunicazione ma tutto per la forma”.

Hermann Nitsch da “Sul concetto del teatro O.M.”


“Non sono un sadico. Non amo il sangue. Sono contrario che si ammazzino gli animali e che si mangino. Ma mi piace l’effetto drammatico. Mi rifaccio ad Aristotele. Alla catarsi ottenuta attraverso il terrore e la compassione. Per arrivare alla bellezza”. Hermann Nitsch, 38 anni, è considerato uno dei maggiori esponenti dell’azionismo viennese. Il 30 novembre a Milano Nitsch è riuscito per la prima volta in Italia a portare in porto il suo intervento.(…) All’inizio la scena era questa. Una sala sotterranea dalle pareti bianco calce. Non una sedia. Appesi alle pareti i corpi spellati di due grosse pecore, morte. Su una parete una croce di legno alta più di un metro e mezzo. Sul pavimento secchi colmi di acqua tiepida, di urina, di acqua e zucchero, di acqua e tuorli d’uovo, cento litri di sangue di vacca, una scatola di zollette di zucchero, tre carpe stecchite, un fagotto di budella animali puzzolenti, grandi teli immacolati, un mucchio di vecchie stole e pianete da prete, un paio di estensori, un calice dorato. Di colpo un sibilo tanto forte e insistente da costringere la gente a tapparsi le orecchie per attenuare dolore e fastidio. È l’inizio. Una ventina di ragazzi, allievi del Conservatorio di Milano, collaboratori volontari dell’artista austriaco, producono un miscuglio di suoni sgradevoli usando fischietti da arbitro, flauti dolci, raganelle, tromboni, corni, sassofoni, scacciapensieri, tamburi. Nitsch tutto vestito di nero, le mani sporche di sangue, mima l’uccisione di un animale a colpi d’ascia. I suoi collaboratori, sette ragazze e ragazzi tedeschi, in blue jeans e camicia di bucato stendono i teli sotto le due bestie, spargono sul pavimento i paramenti sacri, riempiono brocche di urina, sangue e acqua, portano torce accese e fumanti, costruiscono stradine con una zolletta di zucchero accanto all’altra. La musica cresce. Si diffonde una puzza atroce. Fa un gran caldo. Nitsch invita la gente a bere con lui: ha pronti bottiglie di vino bianco e 200 bicchieri di plastica trasparente. C’è chi ci sta e viene coinvolto nell’orgia. La fase finale è un lunghissimo incubo. Arrivano due ragazzi nudi in barella, sui loro corpi cola il sangue di vacca che Nitsch versa sulle carcasse degli animali sventrati con le mani. Sul pavimento si stende una poltiglia d’un rosso cupo. Signori e signore è finita. Applausi per tutti. Nitsch è felice. “Che bella festa, che bella festa!”, ripete.

Myriam De Cesco da “Panorama”


“Non ci può essere liberazione del corpo se ci si ostina a rimuovere il sado-masochismo che ne è una componente ineliminabile”. Questa la riflessione all’origine dell’Orgien und Mysterien Theater di Hermann Nitsch. (…) Così la violenza, il sado-masochismo di Nitsch sono prima di tutti “significati” cioè in sostanza simulati, in modo non molto diverso da quanto ci insegna la classica teoria della catarsi aristotelica: la “hybris” latente in noi ci coinvolge direttamente, sul piano dell’esistenza, se cerchiamo di nasconderla a noi stessi; ma se la “rappresentiamo”, se ne facciamo un oggetto di contemplazione virtuale, allora riusciamo a scaricarcene in modo innocuo. Ecco perchèNitsch simula gli squartamenti di animali o di uomini, la loro crocefissione, il prendersi il piacere di estrarne i visceri, di ingozzarli di sangue: pulsioni sadiche che sono in noi, ma che l’artista estrae e oggettiva. Nulla di nuovo, perché anche il mito greco e la tragedia ad esso ispirata, procedevano allo stesso modo, coltivando “in vitro” i microbi del parricidio o di ogni altro turpe crimine, per poi iniettarceli a modo di vaccino. Solo che, giunti a questo punto, scatta il solito i motivo antillusionistico: la tragedia classica ci libera, esercita l’effetto catartico attraverso i poteri raffinati e astratti della parola; è infatti buona regola, in essa, che non si veda mai scorrere sangue […]. Nitsch invece intende maneggiare ‘vero” sangue, “veri” visceri, anche se per procurarseli adempie a tutte le prescrizioni igieniche, quelle stesse cui del resto si attiene l’enorme mattanza e violenza “reale” che ogni giorno il genere umano esercita ai danni degli animali, in nome della propria sopravvivenza. È quindi decisamente ipocrita scandalizzarsi se qualche ridotto scampolo di quella smisurata violenza pratica viene dirottata da Nitsch a compiti di liberazione simbolica”.

Renato Barilli, dal catalogo della “Settimana internazionale della performance”, Bologna, giugno 1977