Spettacolo annullato

Produzione Teatro Out Off

Confessioni di un roditore

di Roberto Trifirò

Liberamente tratto da “La tana” di Franz Kafka con Roberto Trifirò

regia e interpretazione di Roberto Trifirò
scenografia e costumi Stefano Sclabas
musiche originali Matteo Tomasetti
luci e fonica Luigi Chiaromonte
collaborazione ai movimenti Barbara Geiger
foto di scena Angelo Redaelli
Produzione Teatro Out Off

Spettacolo in abbonamento Invito a Teatro

Lo spettacolo, che avrebbe dovuto debuttare il 10 marzo 2020 e annullato per l’emergenza Covid è stato nuovamente annullato in attesa di riprogrammarlo appena sarà possibile


LA TANA
La storia viene raccontata in prima persona da un narratore di cui si sa molto poco, si comprende però che si tratta di una creatura che possiede entrambe le caratteristiche, umane e animali (un misto tra un roditore e un architetto): in principio viene annunciato il completamento della propria tana, un elaborato sistema di cunicoli costruiti nel corso di un’intera vita. Egli ha duramente lavorato e s’è impegnato molto per costruirla; spera vivamente che ciò gli permetterà finalmente di poter vivere in pace, totalmente isolato dal mondo esterno.
Eppure, nonostante tutti gli accorgimenti architettonici difensivi, vive nel costante terrore di essere attaccato da un misterioso ed invisibile nemico il quale pare aver l’intenzione di voler invadere il proprio rifugio. Nel tentativo d’evitar una tale intrusione, si mette a costruire vari passaggi che non conducono ad altro che a vicoli ciechi; trasforma sempre più la tana in un labirinto, perennemente alla ricerca di nuove idee per ampliar in complessità la propria abitazione e renderla sempre più sicura.
Un giorno incomincia a sentire un suono misterioso, che egli descrive come un sibilo all’interno della tana, cerca allora subito di trovar la fonte di questo insolito rumore mai udito prima; secondo la prima ipotesi che fa il rumore potrebbe essere causato da piccoli animali che vivono in tane vicine o parallele alla sua. Inizia quindi a scavare dei cunicoli esplorativi al fine di cercar l’origine del suono; ma il sibilo non si ferma, cosicché la ricerca del protagonista si fa sempre più ossessiva.
Questo persistere del disturbo lo fa giungere alla conclusione che vi dev’essere un’unica ed ostile creatura vicina alla sua tana, e che questa non può altri che aver l’intenzione di ucciderlo. Diviso tra la paura e la rassegnazione, attende in posizione difensiva l’arrivo del nemico.

La storia s’interrompe bruscamente all’interno d’una frase: “Tutto invece è rimasto immutato…”


NOTE AL TESTO
Dopo la seconda guerra mondiale, nella maggior parte delle lingue si è affermato un nuovo aggettivo ispirato alle opere di Franz Kafka: Kafkiano.
Non è facile definire questo termine, entrato nei dizionari e nelle enciclopedie: si riferisce a una “atmosfera oppressiva”, a un “mondo da incubo”, a una situazione “misteriosa, inquietante e minacciosa”, a “un’organizzazione schizofrenica razionale, in forma labirintica, dove l’individuo è sconcertato e smarrito” Spesso nella maggior parte dei dizionari si pone l’accento esclusivamente sull’aspetto sinistro, trascurando la dimensione ironica, che dovrebbe invece essere parte essenziale nell’impiego comune dell’aggettivo kafkiano.
Ebbene “La tana” (1923-24) racconto incompiuto (uno dei suoi ultimi), e da cui ho tratto (rimanendo fedele alla struttura del suo svolgimento ma ponendo l’accento sull’ humor nero e sulla patologia paranoica di un anziano protagonista schizofrenicamente sdoppiato nell’identità: R1, R2) “Confessioni di un roditore” essendo uno dei più grandiosi tentativi di claustrazione (intendendo per claustrazione il confinamento in sé stesso di un individuo che si sottrae a qualsiasi contatto col mondo esterno) mai compiuti in letteratura, può considerarsi a pieno diritto “kafkiano.
Il protagonista di “Confessioni di un roditore” è una figura sdoppiata: R.1 è la voce monologante dell’entità pensante di un uomo paranoico vicino alla vecchiaia, R.2 racchiude quell’entità pensante e quella voce nel corpo di un animale non identificato; animale egoista, astuto, vorace, crudele, misantropo, narcisista, che molti anni prima, nella sua giovinezza, si è costruito, sotto il livello della terra, la sua tana.
Nulla ci permette di affermare che al di fuori di essa esista un mondo reale, col quale dobbiamo stabilire dei rapporti; avvertiamo ad ogni passo di muoverci nello spazio chiuso, astratto ed echeggiante di un’entità pensante che ci avvolge da ogni parte come in carcere. Siamo carcerati anche noi, vittime di una parola monologante e solitaria, che racconta, commenta, si rivela, si maschera, avanza ipotesi, demolisce ipotesi, tenta possibilità, fa calcoli laboriosi, in un delirio fantastico e intellettuale che si sostituisce all’universo creato.

– Roberto Trifirò


Roberto Trifirò, attore e regista. Come attore ha lavorato con i registi italiani e stranieri più importanti tra cui Bob Wilson, Aldo Trionfo, Luca Ronconi, Sandro Sequi, Stefan Braunschweig, Pier’Alli, Cesare Lievi, Mina Mezzadri, Federico Tiezzi, Monica Conti, Lorenzo Loris, Andrèe Ruth Shammah. Tra i suoi più recenti lavori come regista e interprete ricordiamo: “Filax Anghelos” di Renato Sarti (2008); “Parole che cadono dalla bocca” da Samuel Beckett (2009); “Memorie del sottosuolo” di Dostoevskij (2011); “Enigma Moro”, di cui è anche autore (2014); “Adelchi” di Alessandro Manzoni (2015). Con l’Out Off la collaborazione è iniziata nel 1996 con la produzione di “Aprile a Parigi” di John Godber, “L’ultimo nastro di Krapp” di Beckett (1998); Killer Disney di Philipe Ridley (1999); che lo ha visto interprete diretto da Monica Conti ed è proseguita con spettacoli in cui Roberto Trifirò era regista e interprete “Non si sa come” di Luigi Pirandello (2004); “La Confessione” di Arthur Adamov (2008); “Le furberie di Scapino” di Moliere (2010) “King Richard II – studio per autoritratto” da William Shakespeare (2010); “Notizie del mondo” di Luigi Pirandello (2012); “Vecchi tempi” di Harold Pinter (2012). Nel 2014 ha invece interpretato nel ruolo del protagonista “Affabulazione” di Pier Paolo Pasolini con la regia di Lorenzo Loris, nel 2016 “L’Amante” di Harold Pinter e nel 2017 ha diretto e interpretato, insieme a Giovanni Battaglia, “L’apparenza inganna” di Thomas Bernhard. Nel 2018, inoltre, ha portato in scena “Nella solitudine dei campi di cotone” di Bernard-Marie Koltès e nel 2019 “Edipus” di Testori.